Raffaello e Nocera di Raffaele Alfano, CTG NOUKRIA

Continuiamo il nostro percorso di formazione sull’area dell’Agro nocerino-sarnese con un articolo di Raffaele Alfano, Presidente del CTG NOUKRIA.
Intanto ricordiamo che nel 2020 il tema “Raffaello Sanzio e i 500 anni dalla morte” viene sviluppato con grande enfasi e molte sono le iniziative volte a celebrare l’arte del grande artista rinascimentale per il Cinquecentenario della morte. Il 2020 sarà l’anno Raffaellesco, che attraverserà l’Italia da Nord a Sud, dopo il grande successo delle iniziative su Leonardo da Vinci.
Raffaello e Nocera

Raffaello e Nocera una storia di un legame tra due entità che non si sono mai conosciute direttamente, ma che indirettamente si sono intrecciate per secoli. Con tutta probabilità Nocera conosce Raffaello dopo il sacco di Roma (1527) quando il capitano dei lanzichenecchi Giambattista Castaldo porta presso il santuario di santa Maria dei Miracoli una serie di opere d’arte trafugate a Roma di cui oggi resta la pala d’altare di san Bartolomeo di Marco Pino. L’opera del Sanzio,  La Madonna del Duca D’Alba, avrà attirato una moltitudine di artisti nell’osservare cotanta perfezione, ma già prima dell’arrivo in città dell’originale dell’urbinate, un altro grande artista portava a Nocera i canoni propri della pittura di Raffaello, si tratta di Andrea da Salerno il quale dimostra un legame fortissimo con la nostra città e lascia una delle opere più importanti del suo percorso artistico nel Convento di S. Antonio. Si tratta del trittico “Sposalizio mistico di santa Caterina” dove Andrea mostra tutta la sua cultura figurativa partendo dal Perugino,  e mostra di essere il primo nel meridione ad aderire alla classicità di Raffaello.

Siamo nel 1519, un anno prima della morte del principe delle arti.
Ma la potenza di Raffaello non si esaurisce e si perpetua da allievo a maestro fino a giungere ad Angelo Solimena che, nonostante slanci di innovazione, per certi versi resta ancorato saldamente alla classicità, ricordando anch’egli il grande maestro.
        #artyouready, #restiamoacasa

E dopo il covid-19 cosa resterà in noi?

Ricevo dalla nostra socia Irene e pubblico

Vorrei dare un mio contributo all’Agorà della pagina CTG. In molti scrivono ed io ancora non ho scritto niente. Quello che segue è un primo tentativo.

È un mare di riflessioni profondissimo quello in cui sto navigando in questo tempo. Cercherò di condividerne alcune, partendo da parole chiave; proverò a non menzionare affatto alcuni concetti a parer mio fin troppo trattati dai più, al punto da renderli quasi banali, e tutto cerco fuorché la banalità.

La parola su cui rifletto oggi è OCCASIONE. Essa ha per me un senso pratico enorme: l’occasione è un “di più “ rispetto a ciò che mi aspetto di fare, vedere, pensare solitamente; è in un certo senso sempre una sorpresa, perché “arriva”, perché “capita”, perché “si trova”. È applicabile in tutti i momenti della vita, in generale, ma (e qui mi rivolgo a tutti tranne alle persone che si sono ammalate di questo virus o altre patologie ed ora stanno lottando per la vita) mai tanto come in questo nostro tempo strano.

Tutti, ora, abbiamo un’occasione che ci unisce. Non si tratta del tempo in più per stare insieme, o per fare tante cose che non si facevano più (aspetto vero quanto ovvio). Si tratta dell’occasione di cambiare: avremo l’occasione di scegliere cosa fare e come farlo il giorno in cui riapriremo le porte, i portoni, i cancelli alla vita con gli altri. Fa un pò paura pensare di ributtarsi nell’affollato mondo che ci siamo creati, pensare di dover riaffrontare un bel pò di cose negative a cui ci eravamo finalmente potuti disabituare. Ma un passo dopo l’altro cammineremo di nuovo insieme verso le nostre più o meno importanti mete. E questo, come lo vogliamo fare? Se potessi parlare al mondo farei proprio questa domanda.

Sin dai primi giorni di questa nostra nuova vita in isolamento siamo già cambiati: tutti abbiamo reimpostato tutto o quasi delle nostre vite ed eseguito un processo di adattamento interiore che, per chi ci sta riuscendo, porta in sè un cambiamento. Per fortuna l’uomo è una creatura che, entro certi limiti, si sa adattare spessissimo.

Quindi, quando cammineremo di nuovo insieme per le strade della città e del paese, quando andremo a “trovare” i nostri cari, in macchina in treno in aereo, quando dovremo tornare ad aggiungere a ciò che attualmente facciamo a casa il tempo per gli spostamenti quotidiani verso le nostre destinazioni, quando saremo “tornati alla normalità”, lo avremo fatto COME? Gradualmente, sì certo, ma COME? Come saremo noi? Quali saranno le nostre priorità? Ci comporteremo meglio? Godremo meglio il tempo concessoci per vedere gli altri? Li vedremo, poi, con altri occhi? Lascio al lettore la risposta.

Da parte mia ci sarà, allora, la sensazione di vivere le cose, gli avvenimenti ordinari e straordinari delle mie future giornate, come se fossero le ultime ogni volta, e quindi di non trascurare nemmeno il più piccolo gesto…..

Chissà quanti si impegneranno a farlo, sarei curiosa di saperlo, ma non posso! Ognuno sa in cuor suo quanto sta dando, quindi sta alla nostra coscienza un cambiamento, un miglioramento, e questa ne è l’occasione. E non è che una piccola parte di tutto ciò che si potrebbe fare, minuscola; dopotutto non ho detto nulla di originale, anzi, per niente, perché lo si potrebbe fare sempre (migliorarci) senza stare ad aspettare l’intervento di una cosa forte come l’isolamento che il Coronavirus 19 ha portato, ma alle masse servono cose forti perché monti la coscienza. Mi auguro che le conseguenze di questa pandemia siano sufficienti perché le persone, dapprima una per una e poi tutte insieme a costruire comunità continentali, migliorino la propria vita semplicemente senza nuocere all’altro. Di solito grandi prese di coscienza avvengono dopo le grandi depressioni da crisi, guerre e catastrofi, e spero che ciò che viviamo ora possa bastare, senza dover aspettare qualcosa di ancor più grave…non vorrei arrivare a tanto, l’uomo si adatta a molte cose, ma ne dimentica altrettante, quindi stiamo attenti!

Concludo condividendo la voglia matta di fare una bella passeggiata per il centro storico di Salerno e idealmente di qualsiasi città o paesino italiano e straniero, in compagnia di persone come quelle dei gruppi CTG, che si fermano, un momento, ad ammirare lo splendore della natura o di un’opera artistica, ricordandoci che, come dice il mio stimato suocero, noi umani siamo un nonnulla davanti alla potenza della vita e della natura, e il nostro ambiente va rispettato.

Allora dico che tutto ciò che possiamo fare è goderci, lentamente, questa vita che ci è cara, senza distrarci con altre cose che abbiamo capito quanto siano effimere, ma cogliendo invece tutte quelle occasioni che ogni giorno ci offrirà se sapremo fare silenzio dentro di noi, guardare l’altro cogliendo, di volta in volta, i momenti ed, appunto, le occasioni.

 

La proposta di Daniele De Martino per CLIC

All’articolo introduttivo di Giancarlo Cavallo, che ha visto nascere il Progetto CLIC da un osservatorio privilegiato qual’è l’Ufficio Risorse Comunitarie del Comune di Salerno, oggi aggiungiamo le riflessioni pervenute da Daniele De Martino, che fa parte della nuova generazione impegnata nelle gestione delle omonime Fornaci, conosciute in tutto il mondo per la qualità e la originalità dei prodotti artigianali che realizza. 

Questo ci consentirà, nonostante il momento che stiamo attraversando a causa dell’emergenza sanitaria, che non ci consente di continuare i nostri incontri in presenza, di continuare il percorso di riflessione e di confronto che stiamo mettendo in campo in riferimento al Progetto CLIC per la zona di Rufoli.

Il territorio

Rufoli è un borgo medievale adagiato sulla collina che da sudest si affaccia sul golfo di Salerno. Il declivio della valle si rigenera sul rito continuo del cavatore d’argilla. L’occhio umano non si rende conto di questo gioco millenario di vuoti e pieni che si saldano in un’unica dolce linea degradante a semicerchio nella valle. Le fornaci cui è destinata l’argilla sono disposte a semicerchio ad accogliere il vento napolitano che dal mare s’incanala nella vallata e sale verso la collina alimentando il fuoco e favorendo l’essiccazione delle mattonelle di creta. Sono testimonianza viva di un passato millenario di mastri de’cotto che con un sapere semplice, gesti sapienti, rituali quasi magici, trasformano qualcosa di infinitamente povero, come la terra, in manufatti eterni, di grande pregio. E’ difficile dire dove nasca l’interesse, la passione che anima le tante persone che hanno visitato questi posti e li portano nel cuore. Gli spunti sono molti: la natura, lo scorrere lento dei rituali, il vento che trasforma, la magia del fuoco, l’emozione, la frenesia, a volte la paura del creativo che può spaziare nelle infinite possibilità di una materia informe che aspetta delle idee per trasformarsi in una realtà. E’ come se qui il tempo frenetico degli uomini si fosse fermato, avesse cessato di esistere, lasciando il passo al corso della natura che, con le sue leggi scandisce le fasi e la storia dell’antica arte della lavorazione dell’argilla. La grigia argilla dopo essere stata modellata con le mani dalla mente dell’uomo, ha bisogno del giusto riposo in un luogo asciutto per tendere i nervi prima di essere cotta; un tempo che mai si forza.

La storia

Il borgo di Rufoli nasce probabilmente intorno all’anno mille, come tutte le cose da un incrocio di ingegno, esigenze, opportunità. L’opportunità di avere argilla di ottima qualità già conosciuta dai vasai greci di Paestum; l’esigenza di reperire materiale da costruzione per un territorio nel pieno dello sviluppo; l’ingegno dell’uomo medievale con il suo sguardo critico e pratico sulla realtà. Da lì, Rufoli e i fornaciari sono sempre stati un esempio di come leggere il mondo e modificarsi per rispondere ai cambiamenti: in principio erano produttori di mattoni, mattonelle, coppi e tegole specifiche per la costruzione e fornitori di argilla come semilavorato per i tornitori; successivamente lavoratori conto terzi per le ceramiche napoletane prima e vietresi poi; infine, in seguito ai profondi mutamenti della rivoluzione industriale, percepiscono il valore senza tempo della lavorazione artigianale delle mattonelle trasformandole in un materiale di grande pregio. In un certo senso hanno fatto propria la duttilità dell’elemento che lavorano facendo propria l’esperienza di modificarsi nelle mani del tempo.

La sfida culturale

Il Progetto CLIC si propone di applicare i principi dell’economia circolare al riuso adattivo del patrimonio culturale con l’obiettivo di uno sviluppo territoriale, sociale, culturale sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico. Il team del progetto, insieme al Comune di Salerno e ai vari soggetti e associazioni interessati alla valorizzazione del patrimonio culturale in disuso o in sottoutilizzo, ha proposto Rufoli come territorio oggetto di una valutazione di un possibile progetto di riuso adattivo. Osservando il borgo di Rufoli si leggono diversi punti di interesse culturale e paesaggistico che potrebbero necessitare di un recupero riadattivo completo o parziale, come la Chiesa Medievale di San Martino, le Cave del Mandrizzo e naturalmente le fornaci e il Museo della Città Creativa. Avendo consapevolezza di ciò che abbiamo sul territorio come patrimonio fisico e culturale la domanda a cui bisogna dare una risposta è: cosa farne e come svilupparlo?.

Il rischio è quello che ci indica l’artista Lello Esposito nel suo “Identità e Metamorfosi”: Pulcinella trascina con se tutto il retaggio di ciò che è stato, di ciò che ha vissuto, come un peso. Lo sforzo da realizzare è che il passato diventi trampolino per gettarsi in una visione nuova, un modo contemporaneo di osservare, interpretare e riscrivere la realtà. L’Artista aveva fornito al luogo (Rufoli) due concetti per la futura metamorfosi e questi concetti erano divenuti anche opere , gesto fondante del futuro Museo Città Creativa. La Montagna delle Forme e il Pavimento Sonoro, le due opere occupavano lo spazio non ancora ristrutturato del museo. La prima cresceva per effetto dello scarico degli scarti di taglio fatto a mano delle mattonelle di cotto. Questa attività del tagliatore per l’Artista era creativa di forme uniche irripetibili; gli studiosi del marketing l’avrebbero battezzata banca dati delle idee. Più le idee crescevano e più la Montagna cresceva mettendo in crisi gli uomini ed il Comune per il Museo città Creativa che non aveva più paura dei furti. L’attività concettuale degli uomini che si esprime come capacità di creare forme di comunicazione veniva anticipata dall’attività produttiva dell’impresa che come residuo produceva forme(idee). Il Comune vedeva crescere la Montagna delle Idee nel proprio museo e si sentiva in ritardo nel progettare i nuovi spazi. Non restava che liberarsi della montagna.

La montagna delle idee

Ugo Marano sosteneva che le fornaci, come residuo della loro lavorazione, producevano idee, forme nuove ed irripetibili. Questo è il vero patrimonio da rimettere in circolo, da utilizzare come chiave di lettura, come sfondo: la spinta continua, costante e ininterrotta delle fornaci le quali impongono di pensare costantemente al nuovo, a qualcosa di diverso. Allora perché non utilizzare lo stimolo che proviene da questo posto come motore per una ricerca costante sul modo di pensare alle città contemporanee, agli spazi comuni e a quelli privati, al nuovo modo con cui l’uomo si rapporta alla natura che lo circonda?L’era del digitale, dell’intelligenza artificiale, dell’interconnessione globale ha modificato profondamente il nostro modo di vivere. C’è da aspettarsi che cambi profondamente anche il modo di abitare, di progettare e quindi di realizzare i luoghi in cui viviamo. Rufoli e le fornaci si propongono come luogo di sperimentazione, di confronto, di ricerca su questi temi, dove il Museo della Città Creativa funga da naturale raccolta e rappresentazione di tutto quello che si sviluppa da questo lavoro. La platea da prendere in considerazione non può che essere di carattere internazionale, multidisciplinare. Fare di Rufoli un luogo destinato alla sperimentazione, alla ricerca, alla produzione artistica, alla divulgazione sui temi della Città nuova, dell’ambiente, dell’abitare contemporaneo, avendo come sfondo l’esperienza delle fornaci che spinge continuamente a nuove riflessioni.

Bibliografia:
– Vento Napolitano – Maria Antonietta Iannelli,
– Costozero – Raffaella Venerando
– La Montagna delle forme e la sperimentazione – Pasquale Persico

Conferenza del Dott. Luigi Greco sul Coronavirus

Stamattina il Liceo De Sanctis ha organizzato un incontro con il dott. Luigi Greco,  nostro socio, che ha visto riuniti in una stanza virtuale,  tantissimi giovani ed insegnanti.
L’evento, registrato dal prof. Dario Ianneci, che è stato meraviglioso organizzatore e regista dell’intera operazione, è divenuto un video che potete vedere qui, nel caso volesse seguirlo e chiarirvi punti e dubbi che sono alimentati dalla cattiva ed eccessiva informazione. Ciao a tutti

La cattedrale di S. Prisco a Nocera Inferiore

Nel 2019 il CTG Comitato Provinciale Salerno ha iniziato una ricognizione del territorio dell’Agro Nocerino-sarnese aderendo ad un Bando interno del CTG Nazionale nell’ambito del quale sono stati formati nuovi Animatori Culturali Ambientali del Centro Turistico Giovanile. In questa azione di formazione, che ha coinvolto alcuni Partner locali, un contributo notevole ci è stato fornito da due soci storici del CTG, Aida Palmieri e Oreste Fortunato, ACA CTG e rispettivamente Presidente e Vicepresidente del CTG A.G.A.Pe Aps di Bracigliano (SA). Tutto quanto documentato nelle azioni riferite al Bando è stato contestualizzato in una specifica pubblicazione da utilizzare per la formazione dei nuovi ACA, ma il Gruppo CTG NOUKRIA continuerà, tramite il Presidente Raffaele Alfano, a impegnarsi per la valorizzazione dell’Area Nocerino-sarnese.

La Cattedrale di San Prisco
Il focus che vorremmo sottoporre alla vostra attenzione è sulla Cattedrale di San Prisco di  Nocera Inferiore in provincia di Salerno, con i giardini e il viale. Le foto nel corso della visita dei luoghi sono state effettuate dal socio A.G.A.Pe Armando Manzolini. La struttura fu edificata intorno al 955, sulla preesistente chiesa di San Filippo in macerie del IV sec., nei pressi di una delle necropoli dell’antica città di Nuceria Alfaterna.  L’abbazia doveva rispondere alle regole dell’ordine benedettino, ma non risulta far parte né della Congregazione di Cassino né di quella di Montevergine. Nel corso del XIII secolo la chiesa cominciò a crescere ma il monastero fu soppresso, probabilmente a causa dell’esiguo numero di monaci. L’attuale cattedrale risale agli inizi del Seicento e fu riedificata ricalcando il progetto del duomo di Siena, a tre navate. Danneggiata dai due eventi sismici del 1688 e del 1694, l’ultimo dei quali “fu così violento che buttò giù la cima del campanile con gli ultimi due piani“, fu sostenuta con l’ausilio di catene e nuova muratura per recuperare l’uso delle campane. Ma tre anni dopo, l’inclinarsi del campanile, costrinse il vescovo ad intervenire sulla facciata della cattedrale. A causa dell’estesa fatiscenza della fabbrica quattrocentesca, il vescovo Niccolò de Dominicis decise di riedificarla nel sito attuale. L’opera costituisce una delle rare realizzazioni architettoniche di Francesco Solimena, che vi impresse il segno tangibile delle sue doti di progettista. Nel 1838 fu dedicata a San Marco Evangelista. In occasione dei lavori di restauro della chiesa, il vescovo Lunadoro racconta che la cattedrale abbia ospitato le spoglie del profeta Giona. Secondo una leggenda locale, tali spoglie sarebbero state trasportate in città da Ugo de’ Pagani nel 1105 al ritorno dalla prima crociata, ma si tratterebbe di San Giona, monaco eremita palestinese. Teodorico di Niem ricorda, invece, la presenza in chiesa delle spoglie del profeta Abacuc.

Economia circolare e Progetto CLIC

Buongiorno a tutti voi.

Sono Giancarlo Cavallo, socio da alcuni anni del CTG PICENTIA di Salerno.

In questo periodo di gravissima crisi ambientale ed economica una delle possibili soluzioni è data dall’economia circolare, ossia un’economia che azzera gli sprechi e riutilizza tutti i materiali biologici e tecnici, ottenendo in tal modo la migliore sostenibilità sia per l’ambiente che per il ciclo economico.

L’Ufficio Risorse Comunitarie del Comune di Salerno, dove ho lavorato per molti anni si è posto la domanda: questa soluzione è applicabile anche nel campo dei beni culturali materiali e immateriali?

Questo è quello che si propone di verificare il progetto CLIC (Circular models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse,) finanziato dal programma europeo Horizon 2020, a cui partecipano i 15 partners (capofila CNR IRISS di Napoli, Università di Eindhoven, Londra, Nova Gorica, Portsmouth, Uppsala, Varsavia, Vienna, ICHEC di Bruxelles, ICLEI di Bonn, la FacilityLive di Pavia, Västra Götalandsregionen in Svezia, e le città di Rijeka, Salerno e Amsterdam) e gli stakeholder (portatori di interesse) della città di Salernounica città italiana partner – per la promozione di una cultura di innovazione e imprenditorialità per il riuso adattivo del patrimonio culturale.

Per saperne di più puoi visitare il sito del ClicProject

Il progetto è iniziato a partire dal dicembre 2017 e ha la durata di tre anni.

A Salerno, organizzati dal CNR IRISS e dal Comune di Salerno, sono stati realizzati alcuni HIPs (Heritage Innovation Partnerships) con gli stakeholders (Enti, Associazioni, Fondazioni, Ordini professionali, ecc.) al fine definire una linea comune condivisa per l’elaborazione del PAL (Piano di Azione Locale) per il riuso del patrimonio culturale della città, nella prospettiva dell’economia circolare e del modello emergente di “città circolare”.

Il piano, che si sta costruendo grazie alla forte sinergia tra tutte le parti interessate – stakeholder, amministrazione pubblica e un’ampia e qualificata comunità scientifica internazionale – analizza e sistematizza lo stato dell’arte della città e degli attuali strumenti urbanistici vigenti, delle iniziative, dei piani e dei programmi intrapresi, focalizzando l’attenzione sulle possibili fonti di finanziamento e sulle nuove opportunità gestionali e i nuovi modelli di business circolari per il riuso del patrimonio culturale in abbandono e sottoutilizzo.

Una nuova e più intensa fase di ascolto e partecipazione è stata avviata dal mese di settembre 2019 con l’attivazione di un Laboratorio permanente di collaborazione – HIPs Stakeholders’ Permanent Lab – per stimolare alla riflessione più assidua tutti i soggetti interessati

Mappa Stakeholders tra i quali c’è CTG:   CLIC_Stakeholders_Salerno

Questo step consentirà di raccogliere, analizzare e condividere le proposte di azione da parte dei soggetti che aspirano ad assumere un ruolo attivo nella conservazione, valorizzazione e riuso del patrimonio culturale della città.  In tale ambito si sono già costituiti alcuni Gruppi di lavoro, uno dei quali ha come focus il territorio che, a partire dall’area archeologica di Fratte, si estende fino a Rufoli – Ogliara dove sono situati le antiche fornaci per la lavorazione dell’argilla e il Museo Città Creativa.

#distantimavicini

Ed eccoci di nuovo a quello che è diventato un appuntamento, in questo periodo della vita nostra e, dell’intero pianeta, in cui siamo stati colti da qualcosa che ci costringe ad una brusca fermata e che ha riempito di tanto dolore e tanti nuovi sentimenti i nostri cuori.

Ho aspettato un po’ di giorni che qualcuno mi inviasse un bel filmato di un luogo, in cui ci fosse anche la forte istanza ad essere vicini anche se tanto lontani.

Ieri ho ricevuto, senza che lo avessi richiesto, un piccolo video da parte del mio ‘padrone di casa’, ovvero di Giovanni che vive a Vernasca, provincia di Piacenza, e dal quale ho preso in fitto il monolocale che occupo quando vado a Parma, città nella quale vive mia figlia e tre dei miei nipoti e della quale sono divenuta cittadina.

Giovanni, nel messaggio allegato al video, mi ricorda la promessa che gli ho fatto di andare a visitare, insieme a mio marito, i borghi e paesi della Provincia di Piacenza ed in particolare Vernasca ed il Borgo di Vigoleno. Per invogliarmi a farlo quando tutto ciò sarà passato, e per trasmettermi gli stessi sentimenti che in Emilia, proprio a Piacenza, coinvolgono tante persone colpite, assai più duramente di noi, dal Covid-19. Un augurio: finirà. Una promessa: ci incontreremo e scambieremo visite ed esperienze che ci riportino a condividere nel silenzio dei borghi, nella cultura e bellezza delle architetture e delle testimonianze artistiche di cui spesso vediamo similitudini con quelle delle nostre terre. Aspetto bei video da voi sulla nostra meravigliosa Provincia, ma anche dei vostri luoghi di origine se volete. Alla prossima e…

BUONA VISIONE

…. e la domenica

Due cose ci mancano nelle domeniche al tempo del coronavirus: in primis la frequentazione dei luoghi di culto e poi il pranzo “allargato” alla famiglia.

Anche se i contatti tramite social ci consentono di mantenerci aggiornati sui vari esperimenti di cucina che avvengono tra i nostri cari (parenti ed amici) e possiamo mettere i like al pane appena sfornato, alla nuova ricetta di pesce o al dolce suggerito dallo chef di turno, il giudizio è solo sull’aspetto estetico del piatto, ma non si può gustarlo ed eventualmente passare alla “critica” di fatto!

Anche io che, come è risaputo, non amo stare tra i fornelli sto sfoderando tutte le mie energie per superare le prove quotidiane: so fare poche cose, alcune abbastanza bene e spesso me le richiedono anche nelle grandi occasioni (pranzi di Natale e Pasqua e ricorrenze varie).

Uno dei piatti che  faccio spesso è l’insalata russa (o pesce finto) e uno dei più ambiti (perché Paganini non ripete) è  la Lasagna verde, che in genere realizzo a Carnevale. Quest’anno non abbiamo fatto in tempo a gustarla insieme, ma mi sono ripromessa di farla appena potrò invitare almeno i miei abituali ospiti del fine settimana.

Magari proverò una nuova ricetta, come quella che ci suggerisce la nostra socia Annamaria Parlato sul suo Blog 2ingredienti.

“Croccante, invitante, golosa. La lasagna in verde a base di provola affumicata, crema di broccoli e salsiccia sbriciolata è un’interessante alternativa alla versione classica conosciuta dai più.”

  Collegati al Blog 2ingredienti

E fammi sapere se l’hai provata anche tu ……. a presto!!!!!!

Adele

#èTuttaNataMusica

In questo periodo nero che ci costringe ad una reclusione forzata per l’emergenza sanitaria ognuno si aggrappa a ciò che più ama fare nell’intento di trascorrere le giornate in modo spensierato. Ma soprattutto si riflette su cosa ci si aspetta per il futuro, e #iorestoacasa #celafaremo #tuttofinirà #cirifaremo sono gli hashtag ricorrenti dei social. Mi sembra giusto e anche io voglio fare una riflessione!

E vero stiamo soffrendo perché chiusi in casa è dura, molto dura, ma ricordate che abbiamo molte armi per superare questa prova. E come mi direte??? Semplice: “cu ’ ‘e suonne” (con i sogni).

E suonne che abbiamo dentro di noi nessuno ce li può togliere. Sono dentro di noi, ci fanno vivere e noi viviamo per loro, per far sì che non rimangano “suonne” ma che si realizzino.

E suonne sono tanti, quello di un bambino, quelli di un’innamorato/a, quelli di una madre o un padre, quelli dei nonni…

E suonne sono i compagni di una vita…

E suonne sono di chi sogna…

Voi che state leggendo sognate e realizzate, ora più che mai, non importa la vostra età.

Grazie Denny Esposito che mi fai compagnia con la tua musica e le tue parole. Mai parole più vere….

Ascolta ‘e suonne

Notizie: Denny Esposito è un giovane cantante neomelodico che in questo periodo si sta impegnando presso una radio napoletana per intrattenere i giovani con i suoi consigli e con le sue canzoni, soprattutto per infondere forza ed evitare che si trasgredisca alle indicazioni delle ordinanze regionali.

DIDATTICA A DISTANZA

Buongiorno a tutti voi.

Sono Maria De Vita, socia da alcuni anni del CTG PICENTIA di Salerno.

In queste giornate così difficili affrontiamo una situazione nuova che ci porta, per la sopravvivenza di tutti, a restare in casa. Colgo l’occasione per condividere con voi la mia esperienza di genitore con due figli adolescenti, che affronta ogni giorno nel migliore dei modi questa quarantena forzata.

I miei figli, rispettivamente di 14 e 12 anni, si sono trovati improvvisamente a dover rinunciare alla libertà, alla scuola tradizionale, agli allenamenti in palestra, ai loro amici, ai contatti con i nonni e gli zii; insomma da un momento all’altro il loro mondo è completamente cambiato. Con mia grande sorpresa la loro reazione è stata più matura di quella di tanti adulti e, comprendendo la difficile situazione mondiale, hanno accettato di buon grado questo nuovo stile di vita, organizzandosi giorno dopo giorno sempre meglio.

Anche la scuola ha dovuto adattarsi rapidamente proponendo nuove modalità di didattica a distanza. Il liceo scientifico che frequenta la mia primogenita ha subito proposto le video lezioni, forse facilitato dal fatto di interagire con ragazzi autonomi e sicuramente dotati di apparecchi multimediali. Alle scuole medie invece hanno iniziato con gli assegni on line e successivamente, dopo aver verificato che tutti potessero accedere alle video lezioni le hanno attivate.

Gli strumenti e le APP  che si possono scaricare sono molteplici: EDMODO, GOOGLE, SKYPE, ZOOM MEETING e tantissime altre. Per i nativi digitali basta un attimo per entrare in confidenza con queste piattaforme. Credo che la maggiore difficoltà sia da parte di alcuni docenti che devono mettere ancora più impegno per far fronte alla velocità della comunicazione digitale:  non fanno in tempo a fare un assegno e quegli stessi alunni che in classe faticavano a stare al passo, hanno già pubblicato il loro elaborato, assetati di conoscenza o forse, ancor di più, di normalità. Ma la classe docente ha mostrato ancora una volta tutto il suo valore e l’amore che mette nel suo impegno quotidiano. Stanno cercando in tutti i modi di restare in contatto con gli alunni, anche con i più deboli.

Noi genitori non siamo da meno: collaboriamo tra di noi e cerchiamo di aiutare chi ha maggiori difficoltà. Insomma, questa vita ai tempi del Coronavirus ci sta insegnando tanto e più che nozioni, date e formule, ci sta dando la possibilità di stringerci gli uni agli altri in attesa di poterci finalmente riabbracciare.